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A – Premessa
“La scuola nella prospettiva dei beni comuni deve essere curata e protetta da tutti come un ecosistema entro cui si svolge la vita della parte più preziosa della comunità umana, quelle generazioni future per la cui difesa il Comitato Rodotà si è costituito. Per questo servono creatività e partecipazione, non burocrazia e terrore” ha dichiarato Ugo Mattei, presidente del Comitato Rodotà.
Il costituendo Gruppo di lavoro “Scuola bene comune – Gruppo di lavoro per l’innovazione didattica e strutturale” mira alla costituzione di tavoli di lavoro che coinvolgano tutti i soggetti rappresentativi della comunità scolastica per intervenire sull’avvio dell’anno scolastico 2020/21 con proposte concrete ed attuabili nel più breve tempo possibile e nello stesso tempo gettare le basi per un futuro a mediolungo termine, che delinei un rinnovamento della scuola italiana capace di tener viva la domanda latente intima dei giovani.
Tuttavia, i tavoli del gruppo di lavoro “Scuola bene comune” vorrebbero ragionare sulla possibilità di ottimizzare i tempi e le risorse considerando i dati fino ad ora a disposizione e approfondendo le argomentazioni al fine di elaborare una proposta di rientro operativa sostenibile, scevra dalla burocrazia e dal terrore – come messo in luce da Mattei – e forte dei dati condivisi, della professionalità e dell’esperienza di chi la comunità scolastica la rappresenta, la gestisce e la vive nella sua interezza in libertà e responsabilità.
Analisi emersa a seguito dell’emergenza Covid-19
Abbiamo vissuto tutti la condizione della frattura delle consuetudini, mettendole in discussione. Già, ma cominciando da dove? Da quale fondamento, visto il disorientamento generale su tutti i fronti, professionali, economici, relazionali,
giuridici? Le due realtà della dimensione umana, quella che giunge dall’esterno, dal mondo, sotto forma di informazioni, dettami, percezioni, stimoli, e l’altra, quella della vita interiore, le emozioni, la paura, la gioia, la frustrazione, il senso di
impotenza, hanno fatto una gran fatica a rimanere unite, armoniche o quanto meno affrancate dall’Io individuale che le sintetizza per poter conservare uno stato di  equilibrio. Ognuno ha trovato un modo per sopravvivere, ma alla fine ci si deve arrendere: è il pensare in autonomia e indipendenza, meglio dire in libertà, la cosa più difficile. Ci si è scoperti incapaci di pensare, restando così incollati ai media che hanno fatto da contraltare al silenzio assordante dei luoghi di aggregazione.
La rappresentazione individuale di ciò che andava succedendo, giorno dopo giorno, ha diviso persone unite da tempo in percorsi comuni. La maggior parte della popolazione è stata bombardata da un’informazione unilaterale che le ha impedito di formarsi una propria idea su ciò che stava accadendo. Una parte minore, al contrario, si è trovata a dover gestire le informazioni provenienti dai media con quelle che trovava sui social media, condizione questa che li ha fatti entrare in un corto circuito cognitivo.
Quando avvengono questi fenomeni, la nostra reazione è profondamente influenzata dal nostro passato, dal modo in cui siamo stati educati, intrecciandosi con l’elemento individuale, unico ed irripetibile. Educare al pensare in modo
indipendente ed autonomo – detto in altri termini, creare i presupposti perché si incarni il principio della libertà di pensiero e lo sviluppo dell’attitudine al pensare critico, che è un obiettivo fondante della scuola – si è manifestato come frutto immaturo se non inesistente attraverso le categorie che costituiscono il paradigma scuola, dai contenuti disciplinari, alla pratica e la metodica dell’insegnamento.
Il procedere evolutivo dal sentirsi appartenente al tutto (prima infanzia), al processo di individualizzazione (fino a tutta l’adolescenza), al ricollegarsi al tutto come individuo (dopo i 20 anni) dura tutta la vita, ed è in questo processo di crescita fisica e maturazione interiore che si semina il germe della libertà futura, che prima ancora di essere un’azione libera, è un pensare libero ed indipendente.
Sarà oggetto del Tavolo psico-pedagogico indagare su chi e cosa contribuisce allo sviluppo di un pensiero libero e indipendente.

B – Proposta per avvio lavori
Considerato quanto sopra, si vedrebbe necessaria la celere costituzione di 4 tavoli, uno per ogni area tematica di competenza:
− tavolo psico-pedagogico
− tavolo medico
− tavolo giuridico
− tavolo politico-economico
I tavoli produrranno documenti che metteranno in luce le evidenze, ciascuno nei propri campi di competenza, connesse alle linee guida fornite fino a questo momento per la riapertura delle scuole e le eventuali contraddizioni emerse in base
allo scenario attuale.
In base infatti alle premesse del documento del 21 agosto fornito dall’OMS e dall’Unicef in merito all’utilizzo di mascherine per la protezione dal coronavirus in età pediatrica, sembrerebbe che:
− i casi Covid-19 riscontrati nei bambini varino dall’1 al 7%;
− è improbabile che i bambini siano i principali driver della trasmissione del Covid-19;
− la sieroprevalenza sembra essere inferiore per i bambini più piccoli rispetto ai bambini più grandi e agli adulti;
− i vantaggi – ad esempio – di indossare dispositivi di protezione sanitari nei bambini per il controllo del Covid-19 devono essere valutati rispetto ai potenziali danni associati all’uso di tali dispositivi, inclusi fattibilità e disagio,nonché problemi sociali e di comunicazione.
− Ciò pur nella considerazione di situazioni in cui, per tempi consistenti, non si possa mantenere un adeguato distanziamento. Va evitato comunque in generale di far indossare la mascherina all’aperto, e comunque durante
l’attività fisica.
− la formulazione delle politiche da parte delle autorità nazionali dovrebbe essere guidata da alcuni principi generali di salute pubblica e sociali:
• non nuocere: dovrebbe essere data la priorità al miglior interesse, salute e benessere del bambino;
• la linea guida non dovrebbe avere un impatto negativo sullo sviluppo e sui risultati dei processi di apprendimento ed educativi;
• la linea guida dovrebbe considerare la fattibilità dell’attuazione delle raccomandazioni in diversi contesti sociali, culturali e geografici, inclusi contesti con risorse limitate, contesti umanitari e tra bambini con
disabilità o condizioni di salute specifiche.

Considerando queste poche ma autorevoli premesse, che andremo ad approfondirenei vari allegati, i gruppi dovrebbero interrogarsi in primis su:
− l’oggettiva necessità del distanziamento fisico tra i bambini che non siano sintomatici;
− l’oggettiva necessità dell’utilizzo di dispositivi di protezione individuali in ambienti che permettano di mantenere (salvo brevi eccezioni) il previsto distanziamento, o all’aperto;
− l’oggettiva necessità del dover fare ricorso alle tecnologie digitali e DaD o DDI nei casi in cui le scuole non possano garantire il distanziamento;
− la radicale trasformazione della scuola in presidio sanitario.

I gruppi indagheranno dunque, prima di formulare una proposta operativa, le
misure fin qui adottate in base al principio di proporzionalità.
Questo principio applicato contempla:
− l’idoneità del mezzo prescelto rispetto al fine perseguito;
− l’obbligatorietà dello stesso e la sua adeguatezza rispetto al sacrificio imposto ai singoli;
− i rischi connessi allo stesso a breve, medio e lungo termine.

C – Lo stato della scuola italiana e la necessità del suo essere riformata
La scuola italiana non è solo malata di Covid-19. Negli ultimi decenni ha subìto un drastico processo di riforma che ne ha progressivamente ribaltato i principi e gli scopi. Questo processo non è un fenomeno spontaneo, ma va interpretato
all’interno del contesto sociopolitico. I ragazzi vengono, infatti, convogliati solo in alcuni rami, in alcuni percorsi di studio universitario e poi occupazionali, che sono quelli più valorizzati nel sistema economico, scoraggiando invece inclinazioni
artistiche, letterario-umanistiche ed artigianali.
In particolare, negli ultimi vent’anni, abbiamo assistito al transito da una scuola finalizzata allo sviluppo della persona a una scuola finalizzata al mercato. In altri termini, la sfera economica ha fagocitato la sfera culturale attraverso norme ed
aspetti legislativi ad hoc che lo hanno reso possibile. Mentre inizialmente lo scopo della scuola era quello di formare culturalmente la persona nella sua interezza con lo sviluppo dell’attività cognitiva, emozionale e volitiva, darle uno spessore, aiutarla  nella crescita personale, ad un certo punto è cambiato il paradigma di riferimento. Il
nuovo punto cardinale era il mercato. Oggi l’obiettivo della scuola è formare lo studente unilateralmente al mondo del lavoro, piuttosto che renderlo un attore critico della realtà, capace di interpretarla, introdurvisi e portare il suo apporto
evolutivo attraverso i talenti innati o sorti nel corso della formazione.
Tutto ciò non solo priva la società di una vera scuola, che possa garantire la crescita intellettuale e il processo evolutivo degli studenti, ma nega ai cittadini il diritto alla realizzazione di quanto sancito dalla Costituzione. Noi crediamo che l’istituzione scolastica debba riprendere coscienza del suo ruolo educativo, per principio secondo solo a quello della famiglia, e non solo di dispensatrice di nozioni. Pertanto la scuola deve prendersi cura di tutti gli aspetti che formano il discente, non solo dal punto di vista cognitivo – attraverso il metodo di studio e la cura dei processi di apprendimento – ma anche dal punto di vista emotivo e psicologico/sociale, aiutandolo a interpretare il suo ruolo all’interno della società e a stabilire una giusta relazione con il prossimo. In altri termini, la domanda che va posta non è solo: Cosa
l’uomo sappia e sappia fare per l’ordinamento sociale esistente, ma anche e soprattutto: Quali disposizioni porta l’uomo in sé e che cosa può venir sviluppato in lui. In questo modo diverrà possibile che la generazione che cresce apporti forze
sempre nuove all’ordinamento sociale, anziché costringere la nuova generazione a diventare ciò che l’ordinamento già esistente vuole che essa sia.

Formazione umana tra saperi e cultura
I saperi nozionistici, pur importanti, non sono da confondere con la cultura; il processo di conoscenza passa attraverso il riconoscimento nell’allievo di qualità che non affiorano senza stimoli aderenti alla sua individualità; riconoscere i talenti, non solo accademici, ma di intelligenze multiple è compito della scuola, come pure rimuovere gli ostacoli socioculturali per stabilire un senso di appartenenza alla comunità acquisendo il diritto alla cittadinanza piena e partecipata.
Il disinteresse dei giovani alla partecipazione della vita pubblica è preoccupante e dovrebbe far sorgere qualche domanda, specialmente in momenti storici quali quelli che stiamo vivendo, dove l’opinione pubblica risulta pressoché assente o quantomeno uniformata. Se si osservano con attenzione le nuove generazioni, risulta alquanto evidente il loro atteggiamento rinunciatario; sembrano non essere partecipi del mondo che li circonda. Paiono essere in bilico tra il fatalismo e il nichilismo.

La tecnologia
“Il problema di oggi non è cosa possiamo fare noi con la tecnica, ma che cosa la tecnica può fare di noi”, GüntherAnders. Il rischio reale consiste nel fatto che la tecnologia, in assenza di determinati criteri di utilizzo e della mediazione di un
educatore, abitui la nostra intelligenza a diventare convergente escludendo l’intelligenza divergente, con cui si evolve l’umanità in continuo e vitale fermento.
Convergenti sono quelle intelligenze che risolvono i problemi a partire da come il problema è stato impostato, escludendo punti di vista non considerati in quanto non riconosciuti come possibili contributi ai vari contesti dialettici. Al contrario, divergente è quell’intelligenza che risolve i problemi non all’interno di come è stato impostato il problema, ma capovolgendo i termini dell’impostazione.
Il problema della comunicazione pone le sue basi già nei primi anni di vita dei nostri bambini che sono sempre più sacrificati sul piano dell’apprendimento linguistico e hanno, quindi, grosse difficoltà a comunicare. Soprattutto con l’avvento delle nuove tecnologie, le capacità espressive dei bambini sono diminuite drasticamente, in quanto diverse operazioni mentali, anche impegnative, vengono sostituite dai dispositivi tecnologici. In un mondo pervaso da questi strumenti, diventa fondamentale circoscriverli ad una funzione complementare e mai sostitutiva del rapporto umano interpersonale. In aggiunta rilevanti e non eludibili problematiche di salute a breve e a lungo termine sono associate al ricorso abituale ai dispositivi digitali e in special modo alle connessioni wireless.

La figura dell’insegnante
Il lavoro dell’insegnante va visto come una vocazione, una missione, non solo quindi come una professione e tanto meno come attività impiegatizia; un ruolo che non può essere in nessun modo insegnato, perché l’insegnante quel ruolo
dovrebbe idealmente averlo dentro di sé. Deontologicamente l’insegnante dovrebbe vivere la sua professione nella consapevolezza di essere punto di riferimento per i giovani che educa e istruisce, oltre che dell’importanza del suo
contributo all’interno della società, non ridotto ad impiegato e burocrate, spesso pur non volendolo (sia questo pubblico o privato). Depositario di attitudini quali: la capacità di lavorare in cerchio, l’empatia, l’apertura mentale e la ricerca continua sui contenuti disciplinari che pone in essere in quanto conoscitore non solo della disciplina, ma anche delle tappe evolutive che via via si snodano dalla prima infanzia, alla fanciullezza, all’adolescenza ed oltre. Insegnanti dunque nel senso di lasciare un segno nella biografia dei giovani, i quali, grazie alle basi acquisite durante il loro percorso di formazione, potranno diventare cittadini più consapevoli e capaci di agire secondo quel pensiero critico che permette di innovare, qualunque sia il settore a cui sceglieranno di dedicarsi, trainando con loro l’intera società. Pertanto, per gli insegnanti, risulta essere importante la formazione personale interiore insieme alle competenze professionali.
Dunque un lavoro a medio e lungo termine, ma che come tutti i lavori, se non si iniziano, neanche potranno progredire.

D – Alcuni degli interventi necessari
Bisogna fare in modo che la scuola torni a puntare sulla formazione culturale dell’individuo posto al centro non come oggetto, ma come soggetto attivo che partecipa alla sua stessa formazione umana e professionale. Nel nostro sistema
educativo abbiamo un estremo bisogno di ripresa culturale. Dovremmo tornare a ragionare in quei termini di canone della cultura occidentale, di cui, tra l’altro, la cultura italiana è stata esempio virtuoso di stimoli culturali umanistici, artistici e scientifici.
La formazione (intesa come dare forma ad una azione) richiede per sua natura l’attitudine da parte dei docenti a stimolare la piena partecipazione dell’essere umano nell’interezza delle facoltà umane del pensare, sentire e volere, tenendo vivo
l’ardore per la conoscenza; l’essere umano non è da considerarsi quindi come un secchio vuoto da riempire, bensì come un fuoco da accendere ed alimentare nel corso del tempo, tenuto conto del grado di autocoscienza che i giovani conquistano progressivamente nel corso degli studi.
L’istituzione scolastica dovrebbe concedere maggior autonomia agli insegnanti, i quali potrebbero scegliere, a seconda del carattere della classe e della materia affrontata, le tecniche e i modi migliori per ottenere lo sviluppo interiore e culturale a cui si accennava in precedenza, obiettivi primari dell’istituto scolastico.
Concretamente, per quanto riguarda il mondo della scuola, si suggerisce che il Ministero dell’Istruzione torni ad essere una struttura amministrativa che crea le condizioni ottimali in cui la scuola possa operare (ad esempio, stabilizzando ed
impiegando tutto il personale necessario ad avere classi di 15 o 20 studenti al massimo, un sostegno adeguato per i portatori e le portatrici di disabilità e con bisogni educativi speciali e che investa nell’efficientamento strutturale ed
energetico delle sedi scolastiche) e non avanzi alcuna pretesa di titolarità di competenze educative. Si propone a tale scopo la nascita di un Istituto di Ricerca Pedagogica fornito di autonomia e sostenuto nei suoi bisogni, il cui obiettivo sarà
intercettare la domanda latente evolutiva delle nuove generazioni, attraverso contenuti, metodi, tempi, che rispettino ed onorino il concetto di educare e istruire tutti e ognuno, nello spirito del tempo.

Aderenti al gruppo di lavoro “Scuola Bene Comune”
– AlterLab
– ASSIS
– Associazione Art. 33
– CIATDM
– CNPS Coordinamento Nazionale Precari Scuola
– Comitato Rodotà
– Coordinamento Nazionale Precari Sostegno
– Coordinamento presidenti consigli di istituto Lazio
– Direttivo Docenti Precari Toscana
– Federazione delle Scuole Steiner-Waldorf in Italia – Sabino Pavone
– Fondazione Allineare Sanità e Salute
– Fridays for Future
– International University College di Torino
– La Scuola che Accoglie
– Lanterne e Grembiulini
– Movimento Docenti Specializzati e Specializzandi sul Sostegno
– Osservatorio permanente sulla Legalità Costituzionale
– Osservatorio Indipendente sulla Salute e sul Benessere Mentale
– Osservatorio Scuola dell’Alleanza Italiana Stop 5G
– Progetto Bimbi Svegli
– Rappresentanza genitori danneggiati da vaccino
– Rete degli studenti medi
– Studio legale Stroppiana
– UIL Scuola
– USB Scuola
– Chantal Certan (Ass.Regionale Valle d’Aosta)
– Sonia Cestonaro (docente scuole superiori Valle d’Aosta)
– Elena Civita (docente scuola primaria IC4 Pinerolo-TO)
– Marco De Bernardo (aiutiamo il Circeo a restare un promontorio)
– Barbara Faes (docente IC Rovereto Nord)
– Maurizio Freschi (presidente Consulta Provinciale Genitori e CSEP Trentino)
– Solange Hutter (preside del liceo Marini-Gioia di Amalfi)
– Franco Lorenzoni (Casa-laboratorio di Cenci)
– Stefania Ponti (consiglio di istituto Liceo Alfieri Torino)
– Alberto Zini (docente Università di Modena e Reggio Emilia)

Documento base Scuola Bene Comune

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  1. Bruno 7 Gennaio 2023 at 00:15 - Reply

    Condivido.

  2. Bruno 7 Gennaio 2023 at 00:16 - Reply

    Docente di matematica

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