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Ai primi di dicembre l’acqua, risorsa naturale preziosissima e imprescindibile, è stata quotata a Wall Street, come si fa con l’oro o il petrolio (peccato che quegli altri beni non si bevano e non siano indispensabili per la sopravvivenza). Secondo uno studio recente montagne e ghiacciai di tutto il mondo non riescono più a immagazzinare l’acqua per colpa della crisi climatica, e questo porterà inevitabilmente a una crisi idrica planetaria. Si è stimato che circa 2 miliardi di persone moriranno di sete nei prossimi anni. Chi ha quotato l’acqua in Borsa conosce benissimo queste stime e volontariamente è pronta a speculare su un bene che diventerà sempre più difficilmente reperibile. Come se non bastasse, la quotazione in Borsa dell’acqua è avvenuta grazie al beneplacito del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale e dell’Unione Europea, istituzioni che lo considerano evidentemente un bene da dare senza remore in mano ai privati invece che una risorsa da proteggere e tutelare a beneficio dei cittadini. E in Italia? Nel nostro Paese dovremmo teoricamente dormire sonni tranquilli, visto che con un partecipatissimo referendum nel 2011 l’acqua è stata dichiarata un bene comune pubblico da non privatizzare, ma il referendum non è mai stato trasformato in legge. Un tradimento inammissibile della volontà dei cittadini. […]