
Il clima politico nazionale è sempre più avvelenato dall’azione del governo Meloni: i tentativi di imporre, tramite decreto legge, il famigerato ddl 1660 al fine di accelerare l’attuazione di strumenti repressivi contro i movimenti popolari è esempio lampante.
Non solo, anche la sovranità nazionale del nostro Paese è sempre più crepata. Infatti, mentre lo Stato d’Israele ha ripreso su ampia scala l’aggressione sistematica al popolo palestinese con il benestare dei suoi alleati negli Usa e anche in Europa, la torsione antidemocratica in corso qui in Italia si lega alla difesa degli interessi sionisti e all’attacco al movimento di solidarietà con la Resistenza palestinese.
È il caso del processo, iniziato il 2 aprile scorso a L’Aquila, contro tre cittadini palestinesi, Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh, accusati di associazione sovversiva con finalità di terrorismo.
Un caso giudiziario emblematico: alcuni mesi fa, l’intenzione delle autorità italiane di consegnare i tre palestinesi nelle mani dello Stato d’Israele è stata rigettata al mittente grazie ad un’ampia mobilitazione internazionale. Questa mobilitazione aveva costretto il Tribunale a riconoscere “il pericolo di tortura e trattamenti inumani” in caso di un loro ritorno in mani israeliane.
Pertanto, l’estradizione è stata sì scongiurata ma l’attacco giudiziario è proseguito con l’indizione di questo nuovo processo che ha già visto, nella prima udienza del 2 aprile, palesi forzature e arbitrii che conducono con ogni evidenza a una “sentenza già scritta”: – sono state ammesse al dibattimento le “prove” raccolte dalle autorità israeliane e dallo Shin bet sulla base di interrogatori svolti nei Territori occupati, senza la presenza degli avvocati difensori e su cui grava “il sospetto” – per usare un eufemismo – di torture; – la lista dei testimoni della difesa è stata falcidiata (ammessi 3 testimoni su 39), fatto che compromette il diritto alla difesa degli imputati; – il Giudice ha fatto sgomberare l’aula dalla presenza dei solidali dopo le proteste contro il palese stravolgimento delle parole di Anan Yaeesh da parte del traduttore.
A L’Aquila è in corso un processo basato su manipolazioni e forzature tanto sul piano procedurale quanto sul piano politico. Le Autorità italiane stanno agendo per conto delle autorità israeliane: Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh non hanno commesso alcun reato in Italia e infatti tutte le accuse, gli indizi e “le prove” a loro carico sono prodotte dalle autorità israeliane. Emerge quindi una chiara sottomissione delle autorità italiane agli interessi dello Stato d’Israele. In sintesi, quello che sta succedendo a L’Aquila è una questione che riguarda l’oppressione del popolo palestinese, ma è anche l’ennesima violazione della Costituzione italiana perpetrata da Autorità e istituzioni che pretendono di incarnarne i valori e lo spirito.
Il silenzio e la passività sono ciò su cui contano coloro che lo stanno promuovendo. Non in mio nome: l’appello che faccio mio è verso la società civile che deve e può far valere la propria voce, smascherando questo servilismo che nuoce alla nostra sovranità nazionale. Rigettiamo e denunciamo pubblicamente questa torsione antidemocratica facendo valere la nostra Costituzione nata dalla Resistenza antifascista (di cui quest’anno ricorre l’80° anniversario).