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Nessuna particolare reazione aveva sortito, da parte della stampa e dellopinione pubblica progressista” di questo Paese, l’approvazione, avvenuta il 31 marzo scorso, ad opera della Camera, di un disegno di legge (n. 2574: QUI; p. 5), che subordinava a una serie di durissime condizioni la possibilità per i responsabili di reati ostativi di fruire – al di là dei casi di collaborazione con la giustizia” – dell’assegnazione a lavori esterni, di permessi premio e di misure alternative alla detenzione.

Tali condizioni, forse formalmente in grado di soddisfare la duplice ed irrituale richiesta della Corte Costituzionale al Parlamento di intervenire prima di una sua pronuncia (qui la prima; qui la seconda), apparivano, già allora, sostanzialmente idonee a rendere pressoché impossibile l’estensione dei suddetti benefici.

Ebbene, è facile sottolineare che proprio quelle condizioni sono state testualmente riprodotte nell!articolo 1 del decreto legge n. 162, adottato dal Governo Meloni il 31 ottobre 2022 (QUI). Forse è proprio per quest’imbarazzante coincidenza”, e per l’esigenza di farla passare inosservata che si spiega il fatto che l’ “opposizione” si sia concentrata essenzialmente sull’articolo 5 del decreto in questione – e cioè, sulla norma anti-rave” – invocandone a gran voce il ritiro.

Ora, non c’è dubbio che questultima norma, oltre ad essere un capolavoro di “analfabetismo legislativo”, costituisca altresì un vero e proprio obbrobrio giuridico-costituzionale, foriero di pericolose applicazioni, per le ragioni che molteplici commentatori hanno già posto in luce (v. ad es., fra i tanti, A Cavaliere: QUI e T. Padovani: QUI).

Nessuno, però, si è ricordato di rilevare che non si tratta certo del primo obbrobrio giuridico, operato dal legislatore o dal Governo italiano, in tema di disciplina di diritti fondamentali o di repressione delle loro violazioni. Nessuno ha citato, per esempio, la legge con cui, nel 2017, facendo mostra di dare attuazione alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla tortura (dopo soli 28 anni dalla ratifica italiana), la portata del regime internazionale in materia è stata quasi totalmente – e gattopardescamente” – depotenziata dal Governo Gentiloni, come qualche voce isolata aveva tentato di far rilevare (La Repubblica). E a nessuno sono venuti in mente né lincredibile gestione della vicenda Regeni (originatasi nel 2016), né il Memorandum Italia-Libia, sempre del 2017, con cui si è inaugurata una stretta cooperazione, in tema di migranti, con la Guardia Costiera libica, a carico della quale pende ora una denuncia per crimini contro l!umanità dinanzi alla Corte penale internazionale.

È in questo contesto, di degrado complessivo e progressivo del costituzionalismo liberale, che va inquadrato, dunque, lobbrobrio della norma anti-rave”. Di un simile degrado, la norma in questione e lo stesso impianto, bi-partisan e marcatamente repressivo della nuova” disciplina in tema di ergastolo ostativo, non sono altro che sintomi ulteriori. Esattamente al pari della inquietante e generalizzata sufficienza con cui la più estesa e generalizzata compressione di diritti fondamentali mai verificatasi in Italia – avvenuta nel corso della pandemia – è stata trattata, tanto da organi costituzionali dello Stato che, ancora una volta, dalla stampa progressista” e dall!opinione pubblica italiana.