Comunicato Stampa sulla richiesta di condanna per le vicende del Cinema Palazzo a Roma
E’ nel discrimine tra illegalità e legittimità delle ragioni del dissenso – che si catalizza attorno all’utilizzo a fini sociali di spazi pubblici o di immobili privati abbandonati – che si fa strada l’emersione e l’estensione dei beni comuni urbani; spazi in cui si rinsaldano relazioni umane, cultura, solidarietà e senso di comunità.
Ma sono tempi in cui il dissenso viene spesso soffocato in maniera violenta e viene ridotto a questione di ordine pubblico; ce lo dicono immagini che provengono da tutto il mondo; ce lo dicono condanne esemplari come quella inflitta a Dana Lauriola, per il suo attivismo NO TAV, a salvaguardia dell’ecosistema.
In questa stessa scia, si inscrive la richiesta del pubblico ministero Emilia Conforti di condannare a 6 mesi di carcere, per il reato di invasione arbitraria di edifici altrui, l’attrice-regista Sabina Guzzanti, l’ex deputato del Pd Marco Miccoli e gli altri imputati, tra cui figurano fino a un totale di 12, come Andrea Alzetta, attivista per il diritto alla casa, e protagonisti dell’occupazione del Teatro Valle come Fulvio Molena e Ylenia Caleo. Tutti «In concorso tra di loro, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso – c’era scritto sul capo d’imputazione – avevano arbitrariamente invaso al fine di occuparlo lo stabile sito in Roma in piazza dei Sanniti».
Quella occupazione fu organizzata per evitare che quello spazio si trasformasse in una mega struttura a metà tra un Casinò e una sala Bingo; l’affare riguardava tra gli altri la Stube, la società che gestiva i soldi di Diego Anemone (imprenditore) e Angelo Balducci (ex provveditore alle opere pubbliche), entrambi successivamente condannati dal tribunale di Roma a sei e sei anni e mezzo rispettivamente nell’ambito del processo sugli appalti pubblici per il G8 alla Maddalena.
A quella occupazione parteciparono “una moltitudine di persone” secondo gli atti processuali, nel lontano 15 aprile 2011. Grazie a quell’atto di pacifica rivolta, il quartiere San Lorenzo ha goduto per quasi 10 anni di uno spazio collettivo animato da cicli di seminari dei ragazzi dei Fridays For Future, da corsi di dopo scuola per le fragilità scolastiche, di dibattiti, di spettacoli teatrali, di concerti, di attività ludiche. Poi improvvisamente, lo scorso 25 novembre, l’ex cinema Palazzo a San Lorenzo è stato sgomberato, in simultanea con una sede di Forza Nuova a San Giovanni. Quel giorno la Sindaca con un’espressione infelice commentò – equiparando i due interventi delle forze dell’ordine – “torna la legalità”.
Il nuovo cinema Palazzo era l’anima del quartiere San Lorenzo, un quartiere dove è sorta la prima scuola fondata dalla Montessori, con un passato pieno di atti eroici della Resistenza, e un presente di degrado e spaccio, ma anche di grande coesione sociale e partecipazione, come dimostra la Libera Repubblica di San Lorenzo .
Gli imputati erano già stati assolti nel 2012 del tribunale civile di Roma perché «l’interesse alla base dell’azione dimostrativa […] nell’occupazione dell’edificio è di natura politica, non patrimoniale o egoistica» e le/gli occupanti stavano «rivendicando la conservazione della tradizionale vocazione “culturale” dell’ex Cinema Palazzo». Era la prima volta in Italia che un tribunale civile assolveva l’occupazione di una proprietà privata. Possiamo dire quindi che il Nuovo Cinema Palazzo ha segnato l’inizio del movimento per i beni comuni, sulla scorta del testo di legge delega formulato dalla Commissione Rodotà nel 2007.
Nel 2013 il Cinema Palazzo avviò insieme al Teatro Valle Occupato un percorso sul diritto alla città che interrogava la proprietà privata, poi sfociato poi nella Costituente dei beni comuni. Lì si svolse una memorabile assemblea, cui presero parte, tra gli altri, Stefano Rodotà, Ugo Mattei, Maria Rosaria Marella, Gaetano Azzariti, Alberto Lucarelli e Paolo Maddalena.
Per questa ragione Generazioni Future, Società Cooperativa di Mutuo Soccorso intergenerazionale “Stefano Rodotà”, e l’Associazione Beni Comuni “Stefano Rodotà”, nell’esprimere solidarietà e sostegno agli imputati – chiedono che vengano assolti con formula piena.
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