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Il nono appuntamento 2021 con il Forum intergenerazionale TRAMANDARE si terrà SABATO 16 OTTOBRE, su piattaforma Zoom, dalle 10 alle 13: “La funzione sociale ed ecologica della proprietà” sarà discusso da: 

  • Maria Rosaria MARELLA, professoressa ordinaria del Dipartimento di Giurisprudenza,      Università di Perugia
  • Luca NIVARRA, professore ordinario del Dipartimento di Giurisprudenza, Università di Palermo
  • Antonio VERCELLONE, assegnista di ricerca, Dipartimento di Giurisprudenza, Università di Torino
  • Verena LENNA, ricercatrice, Community Land Trust, Brussels

 con l’introduzione di Ugo MATTEI e la moderazione di Gilda FARRELL  

Il nono Forum TRAMANDARE 2021 richiama la nostra attenzione su una tematica chiave nel dibattito sui beni comuni: la funzione sociale ed ecologica della proprietà.   


.

Gli art. 41 e 42 della Costituzione Italiana, rappresentavano – nel dopo guerra – un’innovazione nella disciplina della proprietà. Assicurando la funzione sociale (art.42 co. 2°) della proprietà il legislatore rovescia la prospettiva politica fino ad allora privilegiata e introduce una innovazione nel modo di coordinare gli interessi dei privati con l’interesse generale. Tale funzione risponde al compito della Repubblica di rimuovere le differenze economiche e sociali tra i cittadini (art. 3 co. 2° Cost.).  Significa questo rendere la proprietà accessibile a tutti?

Non necessariamente nel senso di equa ripartizione della ricchezza o di garanzia d’accesso comune o collettivo. Ma piuttosto di non esclusione di nessun cittadino dal diritto alla proprietà, seppure con limiti quantitativi e qualitativi, in quanto realizza una funzione sociale. Essendo una Costituzione economica, la funzione sociale della proprietà è intrinsecamente legata all’iniziativa imprenditoriale e al funzionamento dell’economia di mercato, cioè all’utilità e al profitto. Concetti come dominio utile (analizzati da Paolo Grossi), mostrano entrambi questi aspetti: la sovranità del soggetto sul bene e la sottomissione alla sua utilità. Possedere per far fruttificare.

Stefano Rodotà, per il quale la funzione sociale della proprietà era più una formula operativa nei dibattiti tra studiosi che nella coscienza dei giudici e politici, aveva segnalato rispetto al riconoscimento e garanzia della proprietà privata subordinata alla funzione sociale, che il legislatore doveva essere legittimato ad escludere categorie di beni dall’appartenenza ai privati, garantendo solo l’esistenza del terribile diritto di proprietà privata, ma non determinando il suo contenuto. Questione fondamentale, in particolare quando la funzione sociale è intesa come valorizzazione produttiva della proprietà in quanto “risorsa”, ciò che giustifica lo sfruttamento per il solo fatto di possedere. E questo parimenti quando l’appropriazione riguarda un solo elemento di un insieme complesso. Per esempio, una miniera o un pezzo di terra, da sfruttare, senza considerare l’impatto sulle falde freatiche o l’abitato. Non esistendo regole per impedire la violenza sulla proprietà privata, si ammette che sia possibile non solo procedere alla sua distruzione o inquinamento, ma pure alla distruzione o inquinamento dei sottosuoli, dell’aria o del territorio circostante.  

La recente riforma dell’art. 9 della Costituzione, riconoscendo la protezione dell’ambiente e degli ecosistemi, apre alla corrispettiva problematica di riconoscere la “funzione ecologica” della proprietà e dunque alla legittimità di limitare il terribile diritto quando la continuità della vita sulla terra, cioè delle generazioni future, sia messa in pericolo. Nel 1991 la Costituzione di Colombia, che già nel 1936 aveva inserito la nozione di funzione sociale (dopo il Messico che l’introduce nel 1917, con la Costituzione risultante della Rivoluzione), riconosce questa funzione e la Corte Costituzionale istituisce, con sentenza di 1998, l’idea che i proprietari non devono soltanto rispettare i membri della società, ma che le proprie facoltà sono limitate dai diritti di chi non è ancora nato, cioè, delle generazioni future (…). Il concetto di proprietà come diritto assoluto dell’individuo diventa subalterno al bisogno collettivo non solo odierno ma futuro. 

Dalla prospettiva dei beni comuni, i beni (indipendentemente dalla loro proprietà) sono funzionali all’esercizio di diritti fondamentali. Di fronte al cambiamento climatico, se prima l’ideologia dominante portava a pensare che su proprietà o beni privati non si aveva diritto d’interferenza (seppur la Costituzione dichiarasse la loro funzione sociale), oggi ci rendiamo conto che la nostra sopravvivenza dipende esattamente dal modo come viene tutelata la totalità dei beni e non solo quelli pubblici o comuni secondo codici umani, ma gli ecosistemi vitali per altre specie.  Un diritto importante oggi, che è pure un obbligo, è quello di preservare la natura viva, piuttosto che di accedere ad oggetti. Industrie chimiche smisurate, allevamenti intensivi, industrie estrattive mastodontiche, nascono e agiscono protette da diritti di proprietà o da diritti ottenuti per concessione dallo Stato di beni appartenenti alla collettività, che in principio avevano una funzione di beneficio sociale.   Molte lotte politiche e sacrifici di attivisti, dappertutto nel mondo, hanno origine dal carattere e dalla stesura delle concessioni di beni sovrani ai privati o dalla partecipazione di capitali privati alla costruzione di infrastrutture indispensabili al benessere collettivo, come lo mostra l’ultimo rapporto di Global Witness (https://www.globalwitness.org/en/campaigns/environmental-activists/last-line-defence/). 

Inoltre, lo sfruttamento violento della proprietà privata o della concessione ha riempito di detriti, plastica ed altro, paesaggi, montagne e mari. Non solo, non sentendo questi paesaggi, montagne e mari, come propri, i cittadini – intasati nelle città – diventano turisti che inquinano e insudiciano i luoghi di passaggio, pensando che essi non li riguardano o appartengano. Così, come scrive il filosofo Michel Serres (Le Contrat Naturel), una specie vivente come la nostra, riesce ad escludere tutte le altre della loro nicchia di vita. Come potranno le altre specie nutrirsi e riprodursi là dove gli umani coprono d’immondizia o detriti il loro spazio proprio perché non appartiene loro? Eppure, occorre ricordare che la Dichiarazione di Diritti dell’Uomo e del Cittadino ha conferito a tutti il titolo di soggetti di diritto (soprattutto di proprietà). Ma, questo contratto sociale si è rinchiuso su sé stesso, lasciando fuori gioco il mondo, considerato come collezione di cose ridotte allo statuto di oggetti passibili di appropriazione e di sfruttamento. 

La domanda è: siamo capaci de curare ciò che non “possediamo” … se distruggiamo lo stesso ciò che possediamo?

In risposta a questo interrogativo, alcune sperimentazioni tendono ad amalgamare regole di possesso, concessione e implicazione collettiva, creando una sorta di beni a statuto ibrido, dove l’individuo proprietario, diventato pure membro di un accordo comune, usufruisce della proprietà accettando regole collettive. E il caso, per esempio, delle Community Land Trust, che fa della soddisfazione del diritto all’abitazione degna, il punto di partenza per la creazione di comunità e di beni comuni urbani. 

Ma, in modo più generale, dobbiamo rivedere, come lo scrive ancora Michel Serres, anche a prezzo di una lacerazione, il diritto moderno che presuppone una proposta non-formulata: che solo l’uomo, individuale o in gruppo, possa divenire soggetto di diritto. “La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo ha avuto il merito di dire: tutti gli uomini e la debolezza di pensare: solo gli uomini o gli uomini da soli” (ibid.).  Dobbiamo avviarci verso una Medéō Politica, una politica di cura, di protezione, una politica terapeutica che lasci entrare il mondo, l’universo, la natura, nelle decisioni individuali e collettive. Rinchiusi nei soli diritti umani o in una malintesa funzione sociale delle “cose”, della proprietà, rischiamo la distruzione della vita umana sulla terra. Il riconoscimento della funzione ecologica, cioè di salvaguarda della vita, potrebbe aprirci, ove ancora possibile, ad un equilibrio non di possesso, di dominio, ma d’interazione tra specie, di simbiosi, d’identificazione, d’interessi condivisi che potrebbero essere antagonisti a quelli puramente umani, privati, individuali. Equilibrio necessariamente costruito da un sistema di diritti fondato sul riconoscersi reciprocamente, dove la rivendicazione di un diritto comporterebbe una corrispondenza biunivoca di comportamento tra gli umani e tra questi e la natura. 

PROGRAMMA 

 

Ore 10:00:  Breve sintesi e lezioni del Forum precedente, Ugo MATTEI 

Ore 10.10:  Breve introduzione della tematica e dei partecipanti, Gilda FARRELL 

Ore 10.15:  La funzione sociale della proprietà nella Costituzione Italiana, influenza del diritto europeo e latino-americano: Maria Rosaria MARELLA  

Ore 10.30:  Dalla funzione sociale alla funzione ecologica della proprietà: la sfida della riforma dell’art. 9 della Costituzione Italiana: Luca NIVARRA  

Ore 10.45:  Funzione sociale, ecologica e rigenerativa dei beni comuni urbani, Antonio VERCELLONE

Ore 11.00:  Community Land Trust: rendere la proprietà privata consone con esigenze del bene comune, Verena LENNA

Ore 11.15:  Interazione col pubblico  

Ore 12.00:  Come attuare oggi la funzione sociale della proprietà in Italia? Maria Rosaria MARELLA  

Ore 12.10:  Come dovrebbe evolvere la Costituzione Italiana per garantire la funzione ecologica e rigenerativa della proprietà?  Luca NIVARRA 

Ore 12.20: Quale impegno cittadino per fare della proprietà uno strumento rigenerativo dell’ambiente e del tessuto sociale? Antonio VERCELLONE  

Ore 12.30: I beni “ibridi”, soluzione per conciliare proprietà privata e beni comuni?  Verena LENNA

Ore 12.40:  Interazione col pubblico 

Ore 13.00: Chiusura 

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  1. Renato Sesto Conte 7 Ottobre 2021 at 08:32 - Reply

    Condivido e diffondo. Creare una coscienza collettiva dei beni comuni è la sola strada per fermare la crescita disumana della differenza tra i sempre più ricchi, (predatori privati) e la maggioranza più povera ed espropriata di tutto.

  2. Giovanni Cetteo 8 Ottobre 2021 at 08:16 - Reply

    Ho il sospetto che il combinato disposto delle norme a tutela dell’ambiente sarebbe già un bel passo avanti sulla tutela dei beni comuni se solo la macchina dei controlli fosse in grado di funzionare!
    Bene sarebbe se si indirizzassero gli sforzi al potenziamento di questa macchina che, al contrario, viene costantemente depotenziata.
    Spenderei un po’ di tempo anche a vedere come e cosa fare in tal senso
    Comunque grazie per il vostro impegno e auguri di proficuo lavoro
    P.S.
    Ovviamente seguirò con piacere i lavori del convegno

  3. Giovanni Cetteo 8 Ottobre 2021 at 08:19 - Reply

    Ho il sospetto che il combinato disposto delle norme a tutela dell’ambiente sarebbe già un bel passo avanti sulla tutela dei beni comuni se solo la macchina dei controlli fosse in grado di funzionare!
    Bene sarebbe se si indirizzassero gli sforzi al potenziamento di questa macchina che, al contrario, viene costantemente depotenziata.
    Spenderei un po’ di tempo anche a vedere come e cosa fare in tal senso
    Comunque grazie per il vostro impegno e auguri di proficuo lavoro
    P.S.
    Ovviamente seguirò con piacere i lavori del convegno

  4. beppe pal 9 Ottobre 2021 at 00:10 - Reply

    Egr. dr. Mattei,
    la casa brucia e se non si spegne (o almeno si prova) resteranno solo macerie… e a poco gioverà discutere di beni comuni (come pure fa o faceva P. Maddalena) dato che la casa sta bruciando e se non arrivno i pompieri resteranno solo macerie.
    Ho informato, da convitato di pietra, del ricorso del giudice di pace di Frosinone che ha giudicato possibile i DCPM solo in uno stato di guerra. La Corte, che solitamente impiega dieci giorni, ha emesso il giorno dopo dispositivo dicendo che i DCPM sono legittimi. Per essere legittimi è negato che essi siano atti amministrativi non delegati dal Parlamento e quindi la legettimità deriva al fatto che atto amministrativo o atto di legge il Parlamento ha delegato i DCPM.
    Sapete cosa è la funzione della Corte C. “in suo piccolo libro” del saggio Onida (altro saggio è Giorgetti del Governo) dove ogni presidente di turno ci mette la sua fotografia e benedice? al paragrafo “La corte e la libertà del legislatore” :”la corte deve garantire l’osservanza dei princìpi costituzionali, anche contro la maggioranza parlamentare” (vai direttamente qui https://www.cortecostituzionale.it/documenti/download/pdf/Cc_Checosa_2012.pdf#page=34&zoom=auto,-164,140 )
    Quindi la casa sta bruciando o no? (queste cose le diceva già Orazio)
    si parva licet
    saluti sinceri

  5. Elisabetta 11 Ottobre 2021 at 17:22 - Reply

    Sono entusiasta che si parli di possibili strategie politiche sostenibili nel rispetto delle nuove generazioni.

  6. Angelo Paolo 16 Ottobre 2021 at 08:04 - Reply

    Angelo Paolo Perrielo. Condivido in pieno l’impostazione etica e teorica sulla funzione.sociale della proprietà. Il contratto sociale tra le parti che includa il contratto naturale è una via già praticata nel Cilento anche se poco né è derivato in termini pratici. Molti deliberati e pochi risultati. Occorre proporre il tema su basi comunali con lo spirito e la tipologia dell’organizzazione della Community Land Trust che fissa giuridicamente la destinazione dei patti, accordi, contratti tra gli enti pubblici, gli attori dello sviluppo eco sostenibile e i cittadini. Tutti. I nostri Gruppi di interesse municipale vanno in questa direzione. Complimenti vivissimi per aver aperto la strada e per aver presentato un progetto obiettivo..

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