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Di fronte agli attuali scenari, che transitano tracimando dalla salute fisica a quella economica, a quella sociale e scolastica, si può fare l’esperienza dell’impotenza. I sentieri che ci hanno condotto per anni all’ingresso della boscaglia della vita sono tutti sbarrati e, per quanto ci si sforzi di trovare un passaggio, o non si riesce o ci si lacera ancor più perché gli ingressi sono cosparsi di spine di ogni sorta. Non si sa più cosa pensare; la biografia esteriore, le cose che siamo abituati a fare, l’operare quotidiano nel mondo, piccolo o grande che sia, è svilito e surrogato col rischio di perdere definitivamente senso.

A questo smarrimento segue un dolore interiore profuso e non localizzato (forse il plesso solare li concentra in attesa di trovare le forze per irradiare la vita di nuova linfa), smarriti fuori e dentro. Non si sa più cosa pensare e neanche cosa fare. In realtà ci manca il respiro, che svolge funzione equilibrante tra il pensare e il volere; disagio che da animico si fa fisico con la beffa di darla a ragione dei più, in preda al timore e alla paura di tutto e di tutti (per molti) e la rabbia che presto diventa dolore (per altrettanti molti). La guerra di tutti contro tutti rischia di non essere solo metafora, perché in fondo ognuno di noi è solo. La paura e il timore chiudono le porte alla conoscenza del mondo e di Sé. Non rimane altro da fare che aprire nuovi sentieri, dentro e fuori di sé nel mondo sensibile. Prima da soli e poi forse insieme.

Mi piace pensare al girasole, pieno di tanti semi ordinatamente disposti da una geometria cosmica, soli ma che insieme creano un Sole. Aprire nuovi percorsi richiede un equipaggiamento idoneo onde evitare di smarrirsi ulteriormente; naturalmente per questo il primo ingrediente è il coraggio di esplorare ed esplorarsi, con calma ma senza perdere tempo. La nostra società, fin dall’iniziazione scolastica, non ci ha insegnato a riflettere, non che non sia stato stimolato a parole, ma forse sono mancati gli esempi viventi agli occhi e ai cuori dei giovani, non c’è stata risonanza. Contemplare e meditare ancor meno, perché presuppone una grande libertà interiore, la libertà di prendersi il tempo per le cose che fanno crescere conquistando qualcosa che si potrà condividere con altri. Meditare è una delle rare attività, se non l’unica, che nessuno ci può obbligare a fare, come neppure impedircela. Ci sono meditazioni definibili ‘universali’, che vivono nella corrente del tempo e dello spazio: la retta opinione, il retto giudizio, la giusta parola, la giusta azione, la retta posizione, la giusta memoria, ma di certo la più efficace è quella che si pratica.

Gli atti sensati nella vita sono sempre il frutto di un lavoro intimo; prima di ogni cosa, di ogni esistere, vi è il pensiero della cosa, questa è già azione è il prodromo dell’azione. L’immagine meditativa che in questi giorni mi tonifica me l’ha suggerita un piccolo giardino a ridosso della casa, dove vive e prolifera un canneto di bambù. Lo osservo nel succedersi delle stagioni. In tanti anni non ho mai vista una di quelle canne sradicata dal vento, per quanto questo soffi con veemenza, non le schianta, tanto sono capaci di flettersi fino a sfiorare il suolo. Perché lo possono fare? Perché hanno un apparato radicale particolare che le ancora con straordinaria saldezza al terreno, dunque salde e flessibili.

Il vento ha iniziato a soffiare, si farà più crudele e gelido nel corso degli inverni ma, nelle primavere qui e là e dove meno te lo aspetti, c’è la certezza che spunteranno nuovi virgulti desiderosi di svettare verso il cielo a conferma che la natura, non solo vegetale, ma anche umana, rinnova il suo inno alla vita trovando forze che non pensava di avere fino a quando non sono state necessarie.

Possa questo Santo Natale costituire un punto di svolta, uno snodo, un giro di boa delle coscienze, come lo è stato per l’umanità la nascita di Gesù e l’avvento poi del Cristo.

Sabino Pavone

(Scuola Bene Comune – Gruppo di lavoro)

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Aprire nuovi sentieri, tracciare nuovi percorsi - Santo Natale 2020