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Qualche giorno fa, il Consiglio dei Ministri ha approvato l’emendamento cosiddetto “concessioni demaniali marittime” al disegno di legge concorrenza.

La vicenda si pone in esito a una lunga querelle giurisprudenziale sulla materia del rinnovo delle concessioni demaniali marittime a finalità turistico ricreativa, chiusa lo scorso 09 novembre 2021 dal Consiglio di Stato con due sentenze in cui si è definitivamente confermata la necessità di svolgere gare pubbliche per l’affidamento del demanio marittimo. Non si può continuare a rinnovare le concessioni già in uso stante l’evidente contrasto di tale prassi nazionale con la normativa europea a tutela della libera concorrenza.

Seguendo le indicazioni del Consiglio di Stato, il legislatore sembra orientato a garantire efficacia alle attuali concessioni fino al 31 dicembre 2023, termine entro il quale si dovrà procedere con le nuove gare pubbliche. Entro sei mesi dall’entrata in vigore del richiamato disegno di legge concorrenza (previsto per la fine dell’anno corrente), il Governo dovrà adottare le misure di attuazione volte ad assicurare un più razionale e sostenibile utilizzo del demanio marittimo, nonché a favorirne la fruizione pubblica.

Il nuovo testo di legge, oltre alla messa a gara delle concessioni a decorrere dal 2024, si dà carico di ulteriori aspetti concernenti, in particolare, l’abbattimento dei costi dei servizi balneari e i criteri di salvaguardia per i piccoli concessionari, previsti a tutela -sembra- della specificità italiana (ma in attesa di leggere il testo licenziato, questa specifica appare già di dubbia compatibilità con le regole concorrenziali europee, le quali non prevedono alcuna possibilità di qualificazione speciale dei partecipanti alla gara in ragione della provenienza o del legame col territorio).

Il fine ricercato parrebbe essere quello di evitare la comoda devoluzione dei lidi ai grandi gruppi. Ma la misura non appare sufficiente.

E’ facile accorgersi che nel confermare la doverosa applicazione della Direttiva Bolkestein non si offre la migliore soluzione per la gestione dei lidi. V’è, invero, il timore che dalla applicazione in materia delle regole a tutela della concorrenza possa derivare il consueto meccanismo di agevolazione di privatizzazioni di fatto dei beni pubblici. 

Tali privatizzazioni, sganciate dalla normativa nazionale e parametrate alla Direttiva dell’Unione Europea, potrebbero addirittura implicare l’apertura alla gestione della costa italiana da parte di multinazionali e grosse corporations private. 

La quasi totalità del nostro PIL si gioca, però, sul turismo e molta parte di questo concerne ovviamente il litorale nei mesi estivi, quindi si sono levati dubbi ulteriori, d’ordine schiettamente politico, nell’applicare la normativa eurounitaria alle concessioni demaniali marittime.

Va detto che, in realtà, il legislatore nazionale avrebbe il potere di sottrarre la materia alla applicazione della Bolkestein, ma per farlo occorrerebbe una scelta di campo: recuperando la gestione del demanio marittimo alla mano pubblica, sarebbe possibile offrire al bene la tutela che gli spetta.

Non va dimenticato, infatti, che il lido è un bene collettivo, classificabile come comune, e già il DDL Rodotà tentò di riconoscerne tale natura. 

Come tale, la fruizione deve esserne libera, in quanto soddisfa diritti costituzionali primari e consente il libero sviluppo della persona. Perciò, anziché caldeggiare l’applicazione mera delle regole della concorrenza, sarebbe opportuno promuovere una gestione partecipata del lido da parte di comunità di utenti e lavoratori, oltre a immaginare patti di condivisione con la cittadinanza.

In tal modo, si centrerebbe l’obiettivo di garantire a tutti la fruizione libera del mare senza dover ricorrere ai meccanismi previsti nella proposta normativa, ove il legislatore prevede forme di uso pubblico marginale del bene. 

Il nuovo disegno di legge impone, infatti, l’istallazione di varchi per l’accesso e il transito libero e gratuito delle persone, mentre i decreti dovranno selezionare «criteri omogenei per l’individuazione delle aree suscettibili di affidamento in concessione», assicurando equilibrio tra le aree affidate ai privati, le spiagge libere e quelle libere attrezzate. 

In tal modo, però, si introducono quote di riserva di spiagge pubbliche, mentre sarebbe preferibile rovesciare i termini del ragionamento, improntando all’opposto la nuova legge, rendendo la concessione criterio solo eccezionale di gestione.

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  1. Ugo 22 Febbraio 2022 at 21:34 - Reply

    Ottimo lavoro Avvocata Camaiani! Molto orgoglioso di averti con me in Segreteria politica nazionale!
    Ugo Mattei

  2. paguro 24 Febbraio 2022 at 20:10 - Reply

    Le coste sono anche i confini di uno stato e non dovrebbero essere gestite dai privati, e mai come in questo momento,
    qualcuno di loro potrebbe consentire un’invasione di forze straniere, visto che già qualche impresa balneare italiana era
    in società con grandi gruppi russi. Chi si fida più ormai?
    Spiagge libere per sempre, ma difese dallo stato italiano.

  3. Serena Anderlini 25 Febbraio 2022 at 18:23 - Reply

    Grazie per questa analisi di una materia tanto significativa quanto complessa e delicata. Il litorale come bene comune: un principio importante da tenere in mente nel quadro del contesto di cui si parla.

  4. Marco Toma 27 Febbraio 2022 at 16:29 - Reply

    Il solito imbroglio sui beni comuni dei governi italiani dalla seconda repubblica in poi. Piccole quote di privatizzazione che azzannano progressivamente, come i piccoli allosauri di Jurassic Park quando attaccano a gruppetti la preda, tutto il pubblico, il collettivo e comunitario del cittadino. Alla fine, si prenderanno, i privati, ogni spazio del territorio costiero marittimo, dissimulandolo con vari espedienti legali(comunione terreni, comodati economici, gestioni congiunte, e via dicendo). I modelli gestionali della prima repubblica di regioni del sud Italia come la Calabria o la Campania, fanno ancora scuola.
    E la nave.. non va, anzi non partirà e non verrà più nessuno sulle nostre coste.

  5. Cassani Paolo 27 Febbraio 2022 at 20:17 - Reply

    Argomento di grande interesse, conosco bene la materia, per quanto ritengo che lo sfruttamento di di arenili pubblici ,da parte di imprese private da sempre in questo paese sia stato non giustificato e non accettabile, dall altro lato nutro le stesse vs preoccupazioni in materia di tutela pubblica e concorrenza nel futuro. Il criterio di gestione deve essere il medesimo che si attua da tempo a livello comunale con le SLA , permettendo a soggetti cooperanti VERI di gestire parti di arenili in forma mista , creando un giusto equilibrio sociale di utilizzi da parte della popolazione di un bene ,che se non basta a livello giuridico, diventa Comune per praticità.

  6. Daniela Giannuzzi 27 Maggio 2022 at 18:48 - Reply

    Credo che l’applicazione della Direttiva Bolkestein possa far saltare i giochi a quegli amministratori locali che speculano sui beni della Collettivita’ per tornaconto personale in cambio di voti, anche con la dazione indiretta di uno o piu’ posti di lavoro – anche se precari, a tempo determinato ed in assenza di controlli, magari pure in nero. La Collettivita’ ne esce sconfitta in tutti i sensi: riduzione di spazi liberi e fruibili gratuitamente senza limitazioni di orario, aumento delle molestie olfattive, visive ed auditive, per i rifiuti generati dalle attivita’ e lasciati al sole, per gli ostacoli alla vista del paesaggio, per l’aumento del traffico in loco, per la scarsita’ dei parcheggi, la musica di dubbio gusto ed assordante fino a tarda sera, fino a quando qualche frontista, il cui immobile nel frattempo si è svalutato, disperato non chiama le Autorita’. Ho ritenuto di condividere l’articolo nella mia petizione di cui lascio il Link per chi vorra’ condividerla, sottoscriverla e lasciare un commento: http://chng.it/wvW2m2qN

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