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Il sesto appuntamento 2021 con il Forum intergenerazionale TRAMANDARE si terrà SABATO 19 GIUGNO, su piattaforma Zoom, dalle 10 alle 13: “Deficit istituzionale per difendere i beni comuni” sarà discusso da:

  • Pasquale DE SENA, Professore di Diritto Internazionale Pubblico e di Diritti dell’Uomo, Università di Palermo. 
  • Antonella MASCIA, Avvocato a Strasbourg e a Verona, già giurista presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo 
  • Rocco Alessio ALBANESE, Assegnista di ricerca, Diritto Privato, Università degli Studi di Torino
  • Guido DE TOGNI, Dottore in Diritto Costituzionale e Diritto Pubblico Generale, già Membro della Costituente dei Beni Comuni 
  • con l’introduzione di Ugo MATTEI e la moderazione di Gilda FARRELL .

Il sesto Forum TRAMANDARE 2021 richiama la nostra attenzione su una delle tematiche chiavi per la preservazione e difesa dei beni comuni, come prodotto di dinamiche collettive. 

Nella concezione della Commissione Rodotà, l’interdipendenza tra i beni considerati comuni, perché accessibili a tutti, e i diritti fondamentali trasforma questi ultimi in diritti comuni o condivisi. Non esiste tuttavia una definizione di queste categorie. Esiste quella riconosciuta di diritti collettivi, ovvero diritti soggettivi che spettano al singolo in quanto membro di una collettività. È quest’ultima a essere considerata titolare del diritto, di cui gode attraverso i propri membri. I diritti collettivi, così riconosciuti, sono sovente immateriali, come quello di associarsi, di riunirsi, etc. Comunque, per quanto riguarda i beni comuni materiali, sono i legami sociali, politici e collaborativi creati da una comunità che definiscono il perimetro dei beni che divengono comuni o condivisi. A questo tipo di relazione si richiama chi vede nella disciplina degli usi civici l’origine del concetto di beni comuni.

Pertanto, il ruolo delle dinamiche collettive è decisivo nella creazione e nella difesa dei beni comuni, ovvero nella concretizzazione di diritti fondamentali e di spazi di dignità attraverso l’azione politica e l’immaginazione cittadina. Ad esempio, il godimento di diritti sociali, come le cure mediche concesse individualmente, diviene reale e possibile soltanto quando la comunità cittadina lotta per garantirne l’accesso a tutti ed è disposta alla condivisione. In questa prospettiva, l’opposizione tra dimensione individuale e collettiva nel campo dei diritti appare frutto di una retorica che legittima il potere soggettivo, restringendo il riconoscimento dello spazio di esercizio di obblighi reciproci. “Il soggettivismo moderno conferisce una posizione di protagonista all’individuo proprietario, attribuendogli una vasta gamma di poteri. La proprietà non può essere collettiva come se si trattasse di una contraddizione irriducibile. L’antropologia individualista moderna conduce ad un sentimento diffuso, di disgusto riguardo tutta la dimensione collettiva, come se questa dovesse annichilire l’energia individuale. L’ordine giuridico dei diritti collettivi si situa in un’altra antropologia, sovente disprezzata e marginalizzata. Essa è segnata dal sigillo dell’alterità, un’alienità apertamente in conflitto con l’antropologia individualista che fonda la modernità e la sua istituzione cardinale, la proprietà individuale” .

Il Forum “Deficit istituzionale per la difesa dei beni comuni” colloca la questione dello spazio giuridico di riconoscimento e protezione dei beni creati sotto il sigillo dell’alterità, dell’obbligo reciproco. Questi scaturiscono dal monito della coscienza, dal risveglio di diritti dormienti, come la riscoperta dell’importanza collettiva di un bene ambientale, culturale o di una scoperta scientifica o tecnica, dell’intolleranza verso ingiustizia, dell’inquinamento, della precarizzazione della vita umana e della natura o della crescente consapevolezza del cambiamento climatico, etc. I beni comuni, concepiti come risveglio della coscienza, non sono solo l’attenuazione della proprietà privata, ma rappresentano anche un’eccezione inclusiva, autogestita dagli aventi diritto, che mitiga la distanza tra interesse privato e collettivo. Sono qualcos’altro. Forme come i domini collettivi, riconosciuti con la legge 168 di novembre 2017, sono rilevanti per preservare la coscienza del comune, dell’obbligo reciproco, valorizzare l’uso civico d’assetti fondiari e mantenere altre tradizioni giuridiche che quella ufficiale. 

Se con beni comuni ci si riferisce a risorse aperte e condivise, com’è il caso degli oceani o delle montagne, da un gran numero di persone la questione delle regole d’accesso e d’uso richiede degli ambiti di intervento più ampi. Essa implica istituzioni chiaramente stabilite e identificate per assicurare il loro rispetto e la cura da parte dei fruitori di questi beni. Prendiamo l’esempio del clima: nessuno può essere escluso, ma la sua deregolamentazione ha dato luogo a un’infinità di regole, la cui gestione è attribuita a una serie di strutture amministrative che, oltre a non disporre di capacità di controllo né di sanzione, sono prodotto della tecnocrazia di settore. Questo assetto esclude i cittadini dalla verifica dell’azione pubblica o, addirittura, mistifica la mancanza di volontà politica dei poteri in carica.  In risposta a tale disordine e opacità istituzionale, 4 ONG francesi hanno portato, nel 2018, lo Stato davanti al Tribunale Amministrativo di Parigi. La petizione ha raccolto, in una settimana, 2 milioni di firme. A febbraio 2021, lo Stato francese è stato condannato. “L’affaire du siècle”, come viene chiamato, segue l’azione dell’ONG Urgenda del 2013 contro il governo dei Paesi Bassi per inadempienze relative alla riduzione delle emissioni di gas serra. Secondo il Programma di NNU per l’Ambiente, 900 processi di questo tipo sono in atto. È questa la via per affrontare il caos istituzionale nella protezione di beni comuni aperti? Ostrom fa riferimento a una governance multicentrica. Ovvio, la sfida è l’integrazione delle diverse responsabilità, includendo quelle degli attori indifferenti a contratti internazionali, come le banche che, a dispetto degli accordi di Parigi, dal 2016 hanno investito ed emesso obbligazioni legate all’industria fossile per oltre 3 trilioni di dollari. 

Per i beni comuni aperti, la proposta di “fascio di diritti” (rielaborata da E. Ostrom), concependo la proprietà come une serie di diritti indipendenti la cui distribuzione e composizione può variare, non è il problema. Questo approccio, di realismo giuridico, mette in discussione la nozione di proprietà come diritto naturale e assoluto, attribuendole caratteristiche sociali e politiche e aprendo così alla comprensione della funzione e dell’impatto sociale ed economico del diritto di proprietà. Integrare la funzione sociale della proprietà implica il dibattito su un altro capitolo istituzionale, che contrasti categorie giuridiche prestabilite, come la differenza tra pubblico e privato, l’autonomia del diritto e la sua supposta neutralità assiologica. 

Può il pluralismo giuridico costituire una risposta ai problemi delle nostre società occidentali che, avendo sposato individualismo e positivismo, tentano di imporre a tutti la loro ideologia, generando disastri umani ed ecologici?

Questo Forum, infine, ricorderà l’esperienza della Costituente dei Beni Comuni come esempio di produzione giuridica collettiva generata a partire dalla pratica cittadina. 

PROGRAMMA

Ore 10:00:  Breve sintesi e lezioni del Forum precedente, Ugo MATTEI
Ore 10.10:  Breve introduzione della tematica e dei partecipanti, Gilda FARRELL
Ore 10.15:  I beni comuni nel diritto internazionale, Pasquale DE SENA

Ore 10.35:  I beni comuni nella Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Rocco Alessio ALBANESE 

Ore 10.55:  Esempi concreti di ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per la difesa dei beni comuni, Antonella MASCIA 

Ore 11.15:  L’esperienza della Costituente dei Beni Comuni, Guido DI TOGNI

Ore 11.35:  Interazione col pubblico 

Ore 12.00:  Pensare gli orizzonti futuri per affrontare la questioni dei beni comuni in termini istituzionali: Pasquale DE SENA

Ore 12.10:  Trascinare gli Stati davanti ai tribunali, prospettiva per la difesa dei beni comuni: Antonella MASCIA

Ore 12.20: Immaginare gli assetti istituzionali per i beni comuni urbani: Rocco Alessio ALBANESE 

Ore 12.30: Strutturare l’impegno cittadino collettivo per rinnovare le modalità di riconoscimento e difesa dei beni comuni: Guido DI TOGNI

Ore 12.35:  Interazione col pubblico
Ore 13.00: Chiusura

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  1. Dario Zoppetti 13 Giugno 2021 at 15:59 - Reply

    Lo Stato Francese è stato condannato! Si conosce anche la qualità della pena? Grazie

  2. giuseppe pagliarulo 14 Giugno 2021 at 07:36 - Reply

    Interessante bisogna tutti, difendere e
    salvaguardare i beni. Se continua così
    finiremo, nel deserto della sottocultura.
    E nell ” inesorabile declino e distruzio
    ne dell ‘ umanità. Si scriveranno pagine,
    tristi e vuote di perbenismo ipocrita.
    Saluti Geppo.

  3. Davide 14 Giugno 2021 at 10:16 - Reply

    Tema di fondamentale importanza. Ma al di là di tanti discorsi ampollosi e pleonastici (retorica e superfluo sono all’ordine del giorno e colui che è navigato nei concetti giuridici spesso cade di sostanza), dove vogliamo arrivare?
    Dobbiamo dare alle persone, seppur colte, ma anche agli umili contadini, base stessa dell’esistenza collettiva, strumenti pratici a difesa del territorio. Presidi, oramai dismessi, dimenticati, ritenuti obsoleti, di controllo e direzione, con tecnici di certa e provata capacità (non basta la laurea); mi vengono in mente i dipartimenti forestali per mia professione…ma ve ne sono altri di esempi.
    Ad esempio nei tempi della Serenissima, ma anche prima, vi era un regime di severo controllo delle acque, sia nell’uso che nell’imbrattamento (inquinamento) delle stesso. Ogni tanti chilometri di asta fluviale, vi era un controllore responsabile dello stato di salute del corso d’acqua. Da allora in poi un susseguirsi di norme, codici, codicilli, fini a se stessi e all’oblio dell’essenza stessa del diritto al bene acqua, fonte primaria da tutelare (insieme all’aria e alla fertilità delle terre, nel senso più biologicamente omnicomprensivo ). E così per il mare e per tutti i beni primari di vita e sussistenza….
    Tornando alla terra, se essa non la calpesta, la si annusa, e la si pratica, tutto il resto è chiacchiera vuota. Il giurista è giusto che faccia il giurista, ma va affiancato da persone integerrime, pratiche e competenti. Oggi vedo solo superficialità, arroganza, presunzione, incompetenza, mutismo, sottomissione, ignavia, pusillanimia. Il caso COVID è l’emblema di tutto questo.
    Un abbraccio.

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